|
lunedì 23 giugno 2003, pag. 36
|
Poesia Festival. La rassegna di Anterem si è chiusa ieri con le
provocazioni di Nanni Balestrini
Questa roba
che pare poesia
Tra il serio e il faceto, il poeta gioca con il computer
Appiattito lungo l'ombra esigua dei muri della Piazza Pescheria
Vecchia, accatastato sulle seggiole, rade e contese, sotto il cerchio
breve degli ombrelloni (offerti in numero limitato dall'Osteria Il
Cristo, ospitante), in piedi per sessanta eterni minuti, sotto il sole
di questo giugno infuocato, dalle undici a mezzodì, il pubblico ha
valorosamente resistito ieri mattina pur di ascoltare Nanni Balestrini,
Mauro Graziani e la loro poesia e musica al computer, ultima matinée
organizzata da "Anterem" nell'ambito di Poesia Festival . Ma ne valeva
la pena. Balestrini alla fine ha premiato i suoi fan con la lettura
della sua Piccola lode al pubblico della poesia , che non è
minaccioso, non è neanche tutto seduto, «è invece mite, generoso,
attento»: «mi vede qui che leggo questa roba e la prende per poesia,
perché questo è il nostro patto segreto». Conclusione: «la poesia fa
male ma per nostra fortuna nessuno ci vorrà credere mai».
Ilare e serio, Balestrini ha centrato il gioco che presiede a questi
esercizi verbali che forse non fanno male a nessuno, se si eccettua il
fatto che scoprono il mondo sconvolto che sta al di là e al di sotto
delle parole, puri suoni coerenti/incoerenti, dialoganti, in questo
incontro, con la musica di Mauro Graziani.
Dalla bella voce intensa di Massimo Totola abbiamo riascoltato un
antico poemetto di Balestrini, Tape Mark I e Tape Mark II , in cui
circolano, in forma staccata, le gravi suggestioni e le tragiche
emozioni del fungo atomico di Hiroshima e dell'olocausto. Ma mescolate
con i frammenti di un giallo intrigante. La musica di Mauro Graziani,
in parte preregistrata, viene combinata al momento con il suono di
alcune frasi del testo, per esempio "ronzante". Alcuni elementi sonori
si ripetono come clausole o rime e il testo si rivela, adeguandosi a
quest'onda di suono, accentuandola e variandola, mentre un flusso di
energia viene dalla voce umana dell'attore, spoglia di senso, ridotta
a puro fonema, capace di forza evocativa, eppure impenetrabile.
L'esecuzione del testo poetico in questa forma ne estrae qualcosa di
imprevedibile e quasi ci si convince che facciano parte della
partitura anche le gioiose campane del mezzodì che scoppiano con tutto
il loro clamore dal campanile di Santa Anastasia.
L'incontro si chiude con una cerimonia insolita: Balestrini offre a
ciascuno dei componenti "il pubblico della poesia" una poesia fatta su
misura per lui col computer. Basta digitare nome, cognome, anno di
nascita e la macchina sforna una poesia personale, unica, dedicata a
ciascuno di noi. Il programma, che si chiama "Machina-poesia",
evidentemente l'ha fatto Balestrini, ma le possibilità combinatorie
della macchina sono quasi infinite. Così ognuno può avere il suo
"paesaggio poetico personale". Mi permetto di citare i primi versi del
mio: "Il vento sconvolge / macchie di colore". Niente male, vero?
Paola Azzolini
parola del mito, come
energia spirituale, come grande domanda sui primi perché. Perché Conte
ama i classici, anche italiani, così spesso negletti, Foscolo,
Alfieri, Leopardi e come per loro, il fine della poesia per lui è
ancora una parola capace di dare senso al mondo.
Poi il poeta legge con tono piano e distaccato alcune delle sue
composizioni. Ne viene qua e là come un trasalire di racconto, anche
se questa è lirica nel senso alto e romantico del termine: la
giovinezza sofferente, solitaria, gli anni dell'università, dove
trionfa la cultura d'avanguardia, la poesia di Sanguineti e Balestrini,
la musica di Cage, un sapere analitico, lontano dalla poesia. Poi "la
conversione": la lettura di Hillman, di Spengler, di Alce Nero, lo
sciamano Sioux, i viaggi in Messico, in Irlanda alla ricerca della
sapienza originaria dei Celti. Come accennavamo, la poesia di Conte
nasce dalla riscoperta del linguaggio mitico del mondo, dall'azzardo
della parola che vuole ridare senso al mondo.
Ma è anche una poesia di protesta per la violenza che abita la cultura
occidentale, contro gli uomini e contro le cose. In Lucus Birmani
una Diana ligure, dea dei boschi per i romani, riappare fra le
felci e i pini, invocata per un ritorno all'infanzia favolosa, quando
il poeta era "un bambino arcere" che oggi, come allora, chiede di
poterle cadere vicino. L'amore è la forza primigenia che possiede il
mondo e il lungo, violento abbraccio di due tartarughe diventa il
simbolo in Il pomeriggio d'amore di due tartarughe, di una
sensualità, di un piacere panico che gli umani hanno
dimenticato:"carezzare è difficile per chi crede di avere un'anima".
Calvino in Palomar descrive un episodio simile, ma dopo Conte.
Con lui si scusò di questo plagio involontario. Infatti il testo
poetico non lo conosceva. Strane coincidenze creative! Così Conte e
Calvino diventarono amici e Calvino aiutò il poeta più giovane a
raggiungere la notorietà anche all'estero, dove oggi i suoi testi sono
tradotti e conosciuti.
|
|
E la
poesia "inganna" il computer
Ottavio Rossani
VERONA - Nanni Balestrini, cofondatore del Gruppo 63, 40 anni dopo ha
riproposto i suoi Versi al computer. A Verona, nella bellissima piazzetta
della Pescheria, lì dove una volta c'era il mercato del pesce e ora c'è un
supermercato, un centinaio di persone ieri mattina s'è dato appuntamento
per ascoltare i versi che Nanni Balestrini scrisse esattamente 40 anni fa.
La voce suadente o irridente dell'attore Massimo Totola della compagnia
Mama, accompagnata dalla musica per computer di Mauro Graziani, ha
riproposto «Tape Mark II», un poemetto che Nanni Balestrini lesse alla
riunione del Gruppo 63 di Palermo e che poi inserì nella raccolta «Come si
agisce» (Feltrinelli), La performance, organizzata dalla rivista “Anterem”
di Flavio Ermini, è stata l'ultima matinée della serie «Parola suono
pensiero» nell'ambito della rassegna «Poesia festival di Verona e della
Valpolicella», che va avanti dal 15 maggio.
La gente alla fine ha fatto la fila per avere una «poesia personalizzata»
al computer. In altre parole: scrivendo nome e cognome il computer
provvede a mescolare i circa 400 versi che Balestrini ha riversato in un
database estraendo quelli consoni alle lettere dell'interessato. Insomma,
la cosiddetta «poesia combinatoria» inventata da Balestrini.
Che senso ha tutto questo? «Il Gruppo 63 ha avuto il problema di chiamarsi
"gruppo". In realtà non lo è mai stato - dice Balestrini: - Dopo 5
convegni fino al 1967 ognuno è andato per la sua strada, portandosi dentro
il desiderio di cambiamento rispetto alla letteratura asfittica
precedente. E anche i nuovi autori di oggi come Ammaniti, Ballestra, Nove,
Scarpa, si muovono dentro quel processo di rinnovamento che ancora per
fortuna continua».
|
|