La nera magia di Reed
Zanon Caserta Balkan ne rendono bene lo
spirito
Paola Azzolini
Villa
Monteleone-Raimondi, sotto ippocastani centenari e fra un fruscio di
foglie appena toccate dal vento, è una perfetta Arcadia. Ci voleva un
buon senso del contrasto da parte di Flavio Ermini, Ranieri Teti e lo
staff
tutto della rivista di poesia Anterem , promotori di questi incontri
domenicali, per trasportare proprio qui l'oscuro e perturbante
underground del poema The murder mistery di Lou Reed.
Il primo appuntamento dei matinée di Poesia Festival, parte così sul
filo del paradosso, ma bisogna dire subito che l'operazione è
perfettamente riuscita: pubblico preso da una sorta di onirico
incantamento e da brividi di partecipazione involontaria, mentre
musica e parola si fondono in un'onda di violenza travolgente
all'ombra delle foglie.
Sfruttando una potenzialità insita nel rock, figlio dell'ossessività
dei ritmi africani e della teatralità dionisiaca delle danze di
possessione, Lou Reed (pseudonimo di Luis Firbank), leggenda vivente e
fondatore dei Velvet Underground alla Factory di Andy Warhol, ha
cantato storie di vizio e di disperazione. Il poeta musicista
maledetto ha introdotto nel rock il cielo oscuro della metropoli,
l'ombra, il fantasma dell'altro che abita
dentro di noi. I suoi padri letterari sono Edgar Allan Poe e
Baudelaire.
The murder mistery ( Il mistero di un omicidio ), evocato dalla
selvaggia serie di tonalità della musica e dallo scontro dei suoni
verbali, ha ripetuto così il suo miracolo e la sua nera magia di
autodistruzione sotto gli alberi secolari di villa Monteleone, in
presa diretta, per la chitarra di Antonio Zanon e la dizione
drammatica, perfettamente adeguata al compito, di Isabella Caserta e
Jana Balkan. A proposito del poema, apparso per la prima volta sulla
rivista di poesia Paris Review nel 1972, Reed diceva:
«Questo fu un esperimento. Il testo A venne registrato sul
canale sinistro e nello stesso tempo il testo B inciso sul destro. La
musica era collocata nel mezzo. Stavo mettendo alla prova le parole e
mi chiedevo se fosse possibile far sì che due emozioni contrastanti
potessero coesistere». Proprio così. All'ombra degli alberi di Villa
Monteleone le due voci, come due casse di uno stereo, coesistono
insieme alla musica della chitarra elettrica che sta in mezzo; il
tutto in quasi totale contemporaneità».
Le voci sono violente, delicate. Risuonano a tratti isolate,
galleggiano per aria i frammenti di una sadica esecuzione:
«Tagliategli la testa», «omicidio», «morire». Balenano pezzi rotti di
pazzia quotidiana, «Passami
l'accappatoio», «Quel che ci vuole in
tribunale è un porco di 10 anni».
La chitarra (splendida) borbotta, gorgoglia, si libra in una tensione,
subito elusa, di canto. Dalle cantine di New York al cortile
soleggiato della Valpolicella, la nera magia compie il suo sortilegio
nel quale parola e musica sono puro suono, fonema senza codice di
senso. Ma l'onda di musica e parola si fa sonda di esplorazione di
luoghi sconosciuti dell'essere, perché, diceva Baudelaire, «Bisogna
scendere al fondo del mistero per trovare ciò che non conosciamo»!
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