|
giovedì 29 maggio 2003 pag. 43
|
Poesia
Festival.
Con un armonioso controcanto creato dalla sognante melodia dell’arpa
Magrelli fa un’antologia di se stesso
Nel suo universo di parole
le immagini del mondo tecnologico
Paola Azzolini
Il poeta Valerio Magrelli dice in un'intervista, che buona parte della poesia moderna
deriva da un esercizio di autocommento, ossia dalla leggendaria analisi
de Il corvo di Edgar Allan Poe condotta appunto da Edgard Allan Poe.
Coerentemente l'altra sera nel cortile del Conservatorio, durante
l'incontro con l'autore organizzato nell'ambito di Poesia Festival di
Verona e della Valpolicella, Magrelli ha sapientemente ed efficacemente
condotto una rigorosa analisi di se stesso. A intervalli la sognante
melodia dell'arpa creava un armonioso controcanto all'universo delle
parole. Gaia Guarienti ha premesso un intervento breve e preciso di
analisi dei testi poetici dell'ospite e poi ha dato il via a Magrelli
che si è lanciato, con garbo e piglio generoso, nell'analisi dei
meccanismi costitutivi della sua produzione poetica.
Ha costruito così una breve antologia di se stesso, in ordine
cronologico e con fitti legami al problema dell'invenzione linguistica,
perché, come dice un altro poeta, che Magrelli ama molto, Mallarmé, la
poesia è fatta di parole, non di idee. E leggendo Magrelli si ha
l'impressione che la poesia sia fatta non solo di parole, ma proprio di
sillabe,di suoni, di linguaggi settoriali e così via, insomma di tutta
la sostanza letterale possibile.
Magrelli ha esordito con un volume pubblicato da Feltrinelli, Ora
serrata retinae , cui hanno fatto seguito Nature e venature e
Esercizi di tiptologia , poi tutti raccolti in un unico libro da
Einaudi.
Già nella prima raccolta si esprimeva l'apparente paradosso di questa
invenzione: una poesia della ragione, del cervello e dei linguaggi
tecnologici, in cui si fa avanti un soggetto incerto, appassionato che
non tanto parla di sé, quanto del suo rapporto con il mondo moderno:
«Amo i gesti imprecisi/ uno che inciampa/ un pezzo si separa/ dentro
qualcosa balla», come quando scrutiamo il vetro di una lampadina per
vedere se è rotta. Anche lui, come Montale, non pretende di dire la
parola definitiva, quella che schiude il mondo, ma piuttosto esprime il
disagio della ricerca della parola, perché «non aver da scrivere nulla/
dà quella pena infantile/infinita di chi cerca/ un alloggio in paese
straniero».
La voce chiara e senza sottolineature del poeta dà rilievo a questo
universo di parole che sono pensieri di una limpidezza cartesiana e che
suscitano le immagini velenose del nostro mondo meccanico,tv,
elettrodomestici, computer e telefono, con lo sguardo senz'ombra e
talvolta gelato, della mente. Tra i moderni per primo Auden ha osato
parlare in poesia di motore diesel e di termosifone.
Magrelli dedica tre poesie al telefono e due sonetti alla tv. I due
sonetti Ecce video . In memoria di E.H .( evidente
l'allusione a Ecce Homo) sono un po' macabri, ma controvoglia, e
svolgono il tema di alcuni fatti di cronaca: il poveraccio morto davanti
alla Tv che viene ritrovato dopo nove mesi. Sempre per la tv fa il suo
ingresso in poesia il termine "pixel": la tentazione davanti a questo
sorridente e ironico sperimentalismo è quella di evocare il barocco che
ha fatto parlare in poesia gli orologi da polvere e meccanici e le pulci
dell'amata. Ed ecco che in questo barocco tecnologico fa capolino
l'occhio stranito di Dolly, la pecora clonata con i suoi complicati
rimandi al passato e ai suoi miti, per esempio la metamorfosi.
Di fatto anche l'auto analisi dei suoi versi condotta da Magrelli, nella
insistita mineralizzazione delle parole e delle immagini, lascia
filtrare l'ombra di un'area a rischio, dove la scrittura e anche la
lettura sono scudi che proteggono la debolezza nativa di un soggetto
totalmente umano.
|
|