Presentato alla Società Letteraria
il volumetto «La colpa del re»
Il «viaggio» di Caponnetto nelle liriche in quattro linguaggi
La colpa del re, anzi «La faute du roi- Di quale?- Ma di quello di
Babele». E' stato presentato alla Società Letteraria "La colpa del re",
prezioso volumetto di liriche di Antonino Caponnetto (Campanotto Editore)
che, come principale caratteristica ha quella di avvalersi, nella sua
composizione, di quattro lingue diverse.
Ma perché un madrelingua italiana che ha viaggiato, ma ha sempre vissuto
nel nostro Paese, sente il bisogno di esprimersi, meglio di "comporre" in
un intarsio di idiomi, ha provocato Arnaldo Ederle, che ha curato
l'incontro?
«Semplicemente perché non posso farne a meno» ha risposto Caponnetto di
nascita catanese, ma che da anni risiede a Mantova. Ha poi spiegato che
diversi linguaggi corrispondono a diverse risonanze del poeta che è in lui
e non potrebbero essere espresse che in quelle lingue. Pensiamo alle
ninnananne surreali di Lorca, suonerebbero in un idioma diverso dallo
spagnolo?
La maledizione di Babele, allora, o meglio, in questo caso- come ha
chiosato Alberto Tomiolo relatore dell'incontro- il dono di grazia della
Pentecoste. Una benedizione che prima di tutto svincola il poeta dal suo
Sud. Come i grandi siciliani Pirandello o Tomasi di Lampedusa, forniti di
milieu europei, Caponnetto riesce a superare la nostalgia dei suoi
litorali natali. Poi la poliglossia predispone a un viaggio, in paesi e
luoghi diversi, che sono rigorosamente segnati da vie e piazze con tanto
di nome, ma sono anche luoghi dell'anima e tappe della vita. Ascoltiamo
direttamente Antonino Caponnetto in "Nous voyageurs": «Strimpellatori
d'arpe, camminiamo/nous, voyageurs d'Espagne e d'Angleterre.// E il monte
innanzi a noi, là, nel biancore/innevato dei picchi, alto si
leva.//Dominio dei rapaci e delle fiere/quale Taiga ci attende non
sappiamo//né valico e pendio. Comme à la guerre,/le distanze annullando,
camminiamo». I vari linguaggi del mondo dicono pure di un impegno civile
della poesia e di un itinerario tutto sommato dal significato e dal futuro
oscuri. Per affrontare i lontani "picchi innevati" e la "taiga" dobbiamo
essere armati di qualche cosa. Antonino, citando un poeta ungherese a lui
caro ma che ormai nessuno ricorda più, suggerisce la penna, più efficace
di un coltello.
E qui altri versi come la lirica "El sueno del hermano", titolo rubato a
Machado, che coniugando l'italiano con lo spagnolo e il francese parla,
crediamo, di una morire lento e ineluttabile cui, tuttavia, è necessario
opporsi con la forza del "sole estivo". O "Solo per oggi il cuore" che,
afferrato saprà, almeno per oggi, dire "no". (a . m.)
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