martedì 6 maggio 2003
l’orchestra del duce
Mussolini, la musica e il mito del capo
In occasione dell’uscita del libro di
Stefano Biguzzi,
L’orchestra del Duce
(Torino, UTET Libreria, 2003)
intervengono
Stegano Biguzzi
Emilio Franzina
introduce
Carlo Saletti |
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Stefano Biguzzi
Compiuta la sua formazione musicale a Venezia e Salisburgo, ha
coltivato parallelamente alla sua carriera solistica e ca-meristica di
violinista la passione per gli studi storici, laureandosi presso
l’Università “Ca’ Foscari” con una tesi sulla vita musicale italiana nel
ventennio fascista. Le sue ricerche attuali vertono sul primo novecento
italiano con una particolare at-tenzione all’irredentismo trentino nella
figura di Cesare Battisti e alla crisi del primo dopoguerra, dall’impresa
di Fiume al-l’avvento del fascismo.
Emilio Franzina
Storico, professore presso l’Università degli Studi di Verona e
presidente dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza e
dell’età contemporanea, vanta un’intensa attività di saggista. Tra gli
innumerevoli studi pubblicati, L'immaginario degli emigranti (Treviso,
Pagus Edizioni, 1992) e Merica! Merica! (Verona, Cierre, 1994). Con Piero
Bevilacqua e Andreina De Clementi è il curatore di Storia dell'emigrazione
italiana (Roma, Donzelli, 2002). Studioso delle tradizioni musicali
popo-lari, ha diretto e interpretato lo spettacolo di storia cantata
Veneto Transformer.
Mussolini violinista, Mussolini
ascoltatore, Mussolini che strumenta-lizza la propria passione musicale
facendone uno dei tanti ingranaggi che muovevano la macchina del consenso.
Ma dietro l’ennesima tessera di questo mosaico policromo che è l’immagine
del capo c’era realmente qualcosa o tutto si esauriva nel mimare
atteggiamenti, interessi e attitu-dini? Quella del violinista era solo una
delle infinite vestizioni, uno dei tanti numeri del mago o c’era una
effettiva corrispondenza fra l’immagi-ne e la realtà?
Stefano Biguzzi, L’orchestra del Duce, p. 58
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giovedì 8 maggio 2003 pag. 41
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Società Letteraria.
«Il suono obbligato», due libri e due incontri con le
musiche del totalitarismo
Le sviolinate di Mussolini
Una passione usata per muovere la macchina del consenso
Un Mussolini inedito, il ritratto di un duce violinista dilettante,
appassionato di musica e patrocinatore magnanimo. Un dux a tratti
irriconoscibile, umile e amante del linguaggio universale delle note,
promotore di festival e abbonato fedele al Teatro dell'Opera di Roma. È la
figura controversa che esce da L'orchestra del duce (Utet, pp. 178, euro
18) , opera prima del veronese Stefano Biguzzi, pubblicata dai tipi della
Utet e presentata nelle sale della Società Letteraria di Verona per la
serie di incontri Il suono obbligato - La musica nell'epoca del
totalitarismo , a cura di Carlo Saletti e presentata da Alberto Battaggia.
«L'amore di Mussolini per la musica», scrive Biguzzi nell'introduzione,
«fu inserito a pieno titolo nel processo mitopoietico messo in opera per
costruire e rafforzare quel culto della personalità che avrebbe fatto del
duce l'imprescindibile chiave di volta e l'insostituibile incarnazione del
fascismo». E proprio la musica «fu naturalmente uno dei campi privilegiati
per l'azione diretta di Mussolini. Il violinista di Palazzo Venezia, unico
uomo di Stato italiano (gliene va dato atto) a occuparsi di quest'arte con
passione e assiduità, agì a trecentosessanta gradi, curando i rapporti con
i compositori ed esecutori, promuovendo e patrocinando la nascita di
festival ed enti lirici, subordinandone al proprio placet gestione e
programmazione artistica, elargendo protezione e consigli».
Biguzzi, violinista professionista e studioso del primo Novecento, dottore
in Storia a Venezia con una tesi sulla musica nel Ventennio, mette in
rilievo numerose tappe della biografia mussoliniana (il primo amore per la
musica strumentale, i rapporti con le istituzioni e i compositori, la
«guerra» contro Toscanini), fornendo una sintesi che approfondisce diversi
aspetti della personalità del duce, rispondendo a quesiti che non
ribaltano certo il giudizio storico-politico (all'autore va riconosciuto
un distacco spesso ironico) ma fanno luce su questioni forse di contorno,
ma interessanti anche ai nostri giorni (due soli esempi: l'asservimento al
potere degli intellettuali e degli artisti in tempo di dittatura
mediatica; l'insegnamento della musica nelle scuole).
«Mussolini violinista, Mussolini ascoltatore, Mussolini che strumentalizza
la propria passione musicale facendone uno dei tanti ingranaggi che
muovevano la macchina del consenso. Ma dietro all'ennesima tessera di
questo mosaico policromo che è l'immagine del capo, c'era realmente
qualcosa o tutto si esauriva nel mimare atteggiamenti, interessi e
attitudini? Quella del violinista era solo una delle infinite vestizioni,
uno dei tanti numeri del mago o c'era una effettiva corrispondenza fra
l'immagine e la realtà?». Le risposte contenute nel volume di Biguzzi
hanno stimolato le riflessioni degli storici Carlo Saletti ed Emilio
Franzina, intervenuti all'incontro in Letteraria. Saletti, nello sfogliare
L'orchestra del duce , ha puntato l'indice contro la «piccola galleria
degli orrori» rappresentata dai musicisti che aderirono al fascismo, tema
del capitolo Mussolini e i compositori , e sul rapporto clientelare tra
artisti e regime. Franzina avverte quanto vibri in Biguzzi «il legittimo
interessamento per le sorti dei musicisti» e di come il duce aprisse anche
in questo campo «la strada alla personalizzazione della politica».
Lontana, sul fondo, l'eco del musico Apicella e di un
presidente-chansonnier.
Giulio Brusati
Oggi alle 18 secondo incontro, dal titolo «Musica e sopravvivenza»,
incentrato sulla musica nei campi nazisti con l’eccezionale testimonianza
di Jacques Stroumsa, che è uno dei rarissimi sopravvissuti tra gli
orchestrali del campo di concentramento di Birkenau. Partecipano il
musicologo e regista Leoncarlo Settimelli e lo storico Carlo Saletti.
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