Dopo la proiezione, incontro col regista alla Società Letteraria
Giuseppe, l’«altro» Bertolucci e
il suo universo femminile
Silvia Antenucci
«Le donne in tv? Ahimè: o veline o giornaliste di guerra»
Osservare le donne, capirle e far affiorare il loro essere senza
rinchiuderle in facili stereotipi. Ritrarre senza giudicare o deformare:
sembra questo l'"imperativo categorico" che guida i film di Giuseppe
Bertolucci, presente quest'anno a "Schermi d'Amore".
"Occhi di donna", la nuova sezione del festival dedicata al femminile ed
al suo sguardo, ha ospitato infatti anche il suo "Amori in corso" (1989),
proiettato al Filarmonico e seguito da un incontro col regista alla
Società Letteraria.
Nel film, con Francesca Prandi e Amanda Sandrelli, si rivela la grande
capacità del regista di indagare finemente l'animo femminile. Traspare
così un’immagine di donna ben diversa da quella, assoluta e spesso
fagocitante, almodovariana, ritratta con grazia e rispetto in un universo
femminile fatto di parole, batticuori e incomprensioni.
Dopo il film, un numeroso pubblico ha accolto Giuseppe Bertolucci alla
Letteraria. L'incontro era organizzato in collaborazione con
l’associazione femminile veronese "Il filo di Arianna", con la presenza
tra gli altri di Giancarlo Beltrame, giornalista de L'Arena e docente di
Semiologia del cinema.
Giuseppe Bertolucci ha spiegato il suo forte interesse per le donne, e la
costante esclusione dai suoi film della figura maschile, come legato al
fatto che "l'universo femminile è in grande trasformazione, e per un
regista questo è un elemento che attira molta attenzione".
Delicato e poetico come nei suoi film, Giuseppe Bertolucci ha raccontato,
tra una citazione di Moravia e una di Freud, il suo particolare sguardo
sul femminile e la sua lunga carriera.
Nonostante l'impegnativa genealogia, un padre poeta e l'ombra ingombrante
del fratello Bernardo (al quale, come si sa, "Schermi d'Amore" quest'anno
dedica una retrospettiva completa, dagli inizi nel 1962 con "La commare
secca" fino al più recente "L'assedio" del 1999), Giuseppe Bertolucci è
riuscito ad emergere distinguendosi per originalità e poetica.
Artisticamente, dopo collaborazioni come aiuto-regista e sceneggiatore,
esordisce nel 1977 con "Berlinguer ti voglio bene", trasposizione dello
spettacolo di Roberto Benigni. A cui seguono "Oggetti smarriti" (1980) e
"Segreti segreti" (1984), film decisivi che rivelano ciò che maggiormente
caratterizza il regista: la delicatezza e l'interesse per l'animo
femminile. "Il dolce rumore della vita" e "L'amore probabilmente", girato
nel 2000 sperimentando la tecnica digitale, sono l'esempio della
sensibilità e della spontaneità con cui il regista racconta l'altra metà
del cielo.
Dopo un interessante intervento di Giancarlo Beltrame, a proposito del
linguaggio femminile nei suoi film, Bertolucci ha parlato a lungo di
relazioni uomo-donna, di diversità e del grande valore del mélo
nell'espressione cinematografica. Concludendo con una riflessione su una
preoccupante "forma di schizofrenia che riguarda le donne in televisione:
o veline o giornaliste di guerra. L'immagine che ne deriva è mostruosa".
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