Lo
sviluppo della vita dell’uomo sulla terra è sempre stato accompagnato da
un uso sempre crescente di energia, per rendere possibile la vita là dove
le condizioni naturali non lo avrebbero consentito e poi per migliorare le
condizioni di vita stesse. Le correlazioni tra attesa di vita, livello di
alfabetizzazione, mortalità infantile e consumi di energia “procapite”,
comunque le si voglia interpretare, sono incontrovertibili. Con l’avvento
della società industriale la ricerca di nuove fonti energetiche è
diventata arrembante. Ma produrre energia, in qualunque forma, significa
produrre un impatto avverso sull’ambiente. La ricerca di compromessi
ragionevoli tra energia, sviluppo e ambiente è il problema più complesso e
difficile che l’Uomo del nuovo millennio deve affrontare.Anche se non ci
sono soluzioni magiche, è però possibile migliorare in maniera sensibile e
forse risolutiva la situazione attuale. Per questo è necessario che il
problema energetico non venga “ideologizzato”, consentendo di farlo
rientrare nel suo ambito naturale, che è “scientifico”, tecnico ed
economico.
Enzo Bertolini è uno scienziato di fama
internazionale nel campo della fusione nucleare. Veronese, laureato in
ingegneria elettrotecnica, ha lavorato presso il CERN di Ginevra nel
campo della fisica delle alte energie e all’ENEA di Frascati nel campo
della conversione di energia per via magnetoidrodinamica. Da1 1973 al
1997, Bertolini ha fatto parte della direzione del progetto JET della
Comunità Europea, dove ha ricoperto il ruolo di Chief Engineer. Nel 1991,
al JET, per la prima volta al mondo, si è prodotta potenza di fusione
termonucleare controllata . Da1 1986 è Adjunct Professor
all’Università di California (Campus di Davis).Enzo Bertolini, membro dí
vari comitati tecnici e scientifici deI CERN, dell'Agenzia Spaziale
Italiana, della Commissione Europea e del Comitato Regionale delle
Comunicazioni per la Valle d'Aosta, è attualmente Technical and
Scientific Adviser del direttore del programma di fusione inglese a
Culham (Abingdon), dove la macchina JET continua ad operare.
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Da sx,
Sergio Barabaschi, il Presidente Battaggia ed Enzo Bertolini |
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Archivio
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domenica 1 giugno 2003 pag. 43
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Il pianeta sta
esaurendo le proprie energie
Un pezzo di Sole ricreato in Terra.
L’unica speranza sta nell’idrogeno
di Laura Zanoni
Le riserve di energia elettrica
dell'Italia, che dovrebbero intervenire in caso di picchi di consumo o di
emergenze, sono scarse, ben al di sotto del normale 30%: questo implica la
possibilità reale di un black out nell'intero Paese, che rimarrebbe «al
buio e al freddo». Nonostante la situazione critica, il tema dell'energia
viene generalmente sottovalutato, anche nelle sedi universitarie. Su
questo argomento hanno discusso in una conferenza organizzata a Verona
dalla Società Letteraria due personalità di eccezione nel campo della
ricerca internazionale: il professor Enzo Bertolini, consigliere
tecnico-scientifico del «Programma Fusione» inglese, e il professor Sergio
Barabaschi, vicepresidente di «Eurocase», l'accademia europea di scienza
applicata e di tecnologia. L'incontro è stato dedicato allo scrittore
Giovanni Dusi, da poco scomparso, che aveva partecipato all'organizzazione
dell'evento, nel corso del quale è stato presentato il progetto
internazionale «Iter», finalizzato a sfruttare l'energia di fusione
nucleare.
«Il presupposto da cui si parte è che nessuna delle attuali sorgenti di
energia può accompagnare l'uomo nel quarto millennio - esordisce Bertolini
-. Si prevede tra l'altro un aumento massiccio del fabbisogno energetico
nei prossimi anni, soprattutto nei Paesi emergenti, che vedranno crescere
la popolazione parallelamente al proprio sviluppo».
Il 90% dell'energia, attualmente, deriva dai combustibili fossili
(carbone, petrolio, gas), esauribili e particolarmente dannosi per il
cosiddetto effetto serra, che tra una cinquantina d'anni potrebbe portare
il pianeta alla desertificazione completa. Il protocollo di Kyoto richiede
pertanto una riduzione delle emissioni di anidride carbonica entro il
2012. «Il Libro Verde dell'Unione europea - continua Bertolini - ne
prevede invece un aumento del 5%, a meno che non si incrementino le
energie rinnovabili e non si conservi il parco nucleare attuale». Nelle
reazioni nucleari, per ogni chilo di sostanza bruciata si produce un
milione di volte di energia in più.
La soluzione? Passare da una società basata sulla chimica ad una basata
invece sulla fisica: gli studi in corso nella zona di Oxford, a cui
partecipa appunto anche il prof. Bertolini, hanno lavorato sull'energia
nucleare di fusione, arrivando a «creare un pezzo di sole in terra; il
sole è un reattore nucleare a fusione». Il progetto Iter - a cui
collaborano Europa, Stati Uniti, Giappone, Cina, Russia, Canada e tra
breve Corea del Sud - è finalizzato a creare un pre-prototipo di reattore
basato su questo sistema: entro fine anno si arriverà a una decisione in
cui «l'Europa sarà in pole position», come assicura Bertolini.
Il problema è che gas, petrolio e carbone sono destinati ad esaurirsi
entro 50-100 anni, mentre le energie rinnovabili (eolica, solare,
idraulica eccetera), sono inadatte a grandi centrali; l'energia di
fissione - che è quella attualmente in uso - si serve dell'uranio, che
però produce elementi altamente radioattivi. L'unica possibilità che
rimane, secondo gli studiosi, è quella di «usare l'energia nucleare
dell'idrogeno, cioè quella di fusione, per produrre eergia elettrica: è
sicura, pulita, non produce scorie radioattive ed è praticamente
inesauribile».
Il pre-prototipo di reattore a fusione costerà 5 miliardi di euro: «Non
molto - conclude Bertolini - considerando che quaranta chilometri di
autostrada che collegano Aosta a Courmayeur sono costati circa la metà».
Infine, il diverso approvvigionamento energetico aiuterebbe a
ridimensionare le tensioni internazionali dovute a una localizzazione non
omogenea delle fonti, soprattutto il petrolio.
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