giovedì 12 giugno
2003, pag. 45
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PoesiaFestival
Versi, suoni e danza, ingredienti di uno spettacolo coraggioso e
ambizioso
Un Canto di suggestione
Antonella Ruggiero nella sua forma migliore
Fabio Zannoni
L'opera poetica e
musicale in tre quadri per voce e musica elettronica, Canto del
moribondo e del neonato , andata in scena l’altra sera al Teatro
Romano appartiene a quell'ambito di progetti, coraggiosi e ambiziosi,
che perseguono tenaci l'utopia di una ricerca di corrispondenze tra
parola poetica, parola recitata, parola cantata, suoni e danza. Con le
poesie di Ida Travi, la musica di Andrea Mannucci, il canto di
Antonella Ruggiero, la voce recitante di Patricia Zanco, la
coreografia e la danza di Marcella Galbusera, questo lavoro, in prima
esecuzione assoluta, è stato proposto nell’ambito della rassegna
Poesia Festival.
È un lavoro che si presenta con tutti i caratteri di un intento
pionieristico - chiuse ormai le esperienze delle avanguardie storiche
- per tornare a esplorare i punti di convergenza e d'incontro tra
diversi livelli d'espressione che, in qualche modo, ruotano intorno
alla poesia. E' infatti tutt'intorno al suono delle evocazioni della
parola poetica di Ida Travi che l'opera si dipana come un pulviscolo
atmosferico di suggestioni, suoni, voci, canto in una sorta di
labirinto enigmatico. È un percorso privo di trama narrativa che vuole
ripercorrere attraverso una parola allusiva, le dimensioni dell'essere
nel mondo, nella natura, nel mondo interiore e nella vita, nei "punti
estremi dell'esistenza", tra vita e morte.
L'opera si sviluppa così come un flusso continuo in cui l'attenzione
si sposta di volta in volta verso diverse polarità: la voce recitante
calda e duttile di Patricia Zanco, quella ferma quasi sussurrata di
Ida Travi, gli interventi canori di Antonella Ruggiero la cui voce si
dispiega in una gamma di toni e di accenti che vanno dal lirismo al
declamato fino ad espansioni e grandi volute melodiche di notevole
forza, congeniali alle doti vocali della cantante: grande naturalezza
nell'emissione e una qualità timbrica inconfondibile.
E poi la musica di Mannucci, tutta prodotta con mezzi elettronici, con
suoni campionati in una sorta di continuum sinfonico, tra accenti
elegiaci e di ruvidezza espressionistica, cenni di ballate, aperture
romantiche e squarci impressionistici. C'è un rimbalzare, dalla
dizione di un testo poetico alla sua resa canora. Così, l'immagine
della culla sul mare che "dondola vuota" nella voce della Travi è una
nenia cullante e 'mono-tona', nella voce della Zanco si colora di
accenti espressivi e nel canto della Ruggiero diventa espansione
lirica, in un costante gioco speculare e deformante di rifrazioni e
differenze.
Particolarmente apprezzabile musicalmente "Il carretto trascina", con
i suoi sbalzi da un’enfasi declamata ad un'apertura vocale dispiegata,
romantica, con articolati processi di divaricazione dei suoi elementi
timbrici, dai più cupi ai più cristallini. Di forte impatto poi,
l'espressione solenne, i toni marcati e ossessivi di "ogni volta che
torna / porta con sé il vaiolo" dove la vocalità della Ruggiero
raggiunge le sue vette elevate per perdersi in melismi vocali
mescolati con le voci recitanti.
Bene si integravano gli interventi coreografici di Marcella Galbusera,
per forza gestuale e plastica. Il tutto si è dipanato senza soluzione
di continuità riuscendo a creare una notevole tensione emotiva. Un
pubblico abbastanza numeroso è stato come coinvolto in questa sorta di
enigmatica avventura, privo di una bussola, in un percorso in cui
l'atmosfera del suono e della parola poetica si integravano per poi
creare percorsi e soluzioni autonome in cui gli echi di poesia
restavano echi insoluti, grandi punti interrogativi dove, nello stesso
tempo, l'emergere e l'affastellarsi di tutta una serie di spunti
musicali, sapientemente mixati, non poteva che generare un diffuso e
straniante disorientamento. Quello del Canto del moribondo e del
neonato è stato un itinerario che coraggiosamente si è posto, in
maniera problematica, sul crinale di una ricerca espressiva che
ripropone emblematica tutti gli enigmi posti dai diversi linguaggi. Il
pubblico, che ha salutato interpreti ed autori con ripetute chiamate,
ha seguito con attenzione e concentrazione.
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sabato 7 giugno 2003, pag. 42
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Martedì il Teatro Romano ospita un altro
appuntamento che sposa i versi con la musica: è il «Canto del moribondo
e del neonato»
Antonella dà voce alla poesia
La Ruggiero «interpreta»
un’opera scritta dalla poetessa Ida Travi
Fabio Zannoni
Quest’anno il PoesiaFestival di
Verona e della Valpolicella si sta aprendo in maniera articolata anche
verso nuovi orizzonti e proposte con una programmazione rivolta alla
ricerca di corrispondenze della poesia con altre espressioni
artistiche. Martedì prossimo, al Teatro Romano, verrà presentato in
prima esecuzione assoluta, Canto del moribondo e del neonato ,
opera poetica e musicale in tre quadri per voce ed elettronica con la
musica di Andrea Mannucci e la poesia di Ida Travi. È prevista anche
la partecipazione di Antonella Ruggiero (voce cantante) e di Patricia
Zanco (voce recitante). Marcella Galbusera firma la coreografia.
L’operazione si preannuncia interessante soprattutto per la presenza
dell'ex Matia Bazar, che non è nuova a simili sconfinamenti verso
altri generi. Lo scorso anno a Venezia interpretò, per la Fenice, una
Medea del compositore contemporaneo, della "vecchia avanguardia"
Adriano Guarnieri.
L’opera che verrà rappresentata in riva all’Adige si presenta come
conseguenza di un lavoro di ricerca compositiva e poetica. Andrea
Mannucci, insegnante di composizione al conservatorio Dall'Abaco, è un
musicista eclettico che si muove sia sul terreno della sperimentazione
elettronica che su quello di un gusto postmoderno, vagamente
neoromantico, di recupero e di rielaborazione di modelli compositivi
della tradizione.
«Il mezzo elettronico», commenta, «in quest’opera torna ad essere,
appunto un mezzo, e trasporta, oltre a spunti sperimentali, la
complessità classica di un’intera orchestra».
Il Canto del moribondo e del neonato è ispirato ai testi della
poetessa Ida Travi, un’altra presenza costante a Verona; un’attrice
che cerca la divulgazione poetica dei suoi lavori.
L'opera sarà divisa in tre quadri: Suono bianco , Oscurità
e Canto del moribondo e del neonato . Essi si compongono di
parti recitate, cantate, di sola musica e coreografie. La sfida degli
autori è «portare a teatro una poesia per la musica, pensata per
essere cantata. Portarla in scena, immetterla in un tessuto sonoro
composto su misura, e rendere così la musica elettronica più poetica e
la poesia più sonora e musicale».
La Travi, che ha curato anche la regia dell'allestimento, spiega che i
tre quadri «si immergono ciascuno in una tonalità di luce differente,
e la differenza nella luce è la differenza della tonalità emotiva che
li attraversa».
L'immagine su cui si fonda l'opera è quella di un candelabro a due
braccia: «I tre quadri», continua Travi, «si immergono ciascuno in una
tonalità di luce differente la differenza nella luce è la differenza
della tonalità emotiva che li attraversa. Sui suoni della natura si
fonda un suono bianco; proprio questo è il titolo del primo quadro. Il
secondo, invece, Oscurità , riguarda l'essere nel mondo con la
sua complessità: in esso parlano gli umani e in quel che dicono si
nasconde un segreto. Il terzo ci riporta alla nostra natura interiore.
L’ultimo quadro, è quel Canto del moribondo e del neonato che
dà titolo all'opera».
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